PROGETTO MATRIOSKA
«l’aiuto che aiuta a far velocemente a meno dell’aiuto»
INTRODUZIONE
Dati
Oggi stiamo assistendo ai più elevati livelli di migrazione mai registrati 65.6 milioni di persone in tutto il mondo, un numero senza precedenti, sono state costrette a fuggire dal proprio Paese. Di queste, circa 22.5 milioni sono rifugiati, più della metà dei quali di età inferiore ai 18 anni e circa la metà sono donne. Ci sono inoltre 10 milioni di persone apolidi cui sono stati negati una nazionalità e l’accesso a diritti fondamentali quali istruzione, salute, lavoro e libertà di movimento. In un mondo in cui circa 20 persone sono costrette ad abbandonare le proprie case ogni minuto a causa di conflitti o persecuzioni. ( dati UNHCR) .
L’Idea
L’idea del progetto matrioska nasce dall’esigenza di fornire al mondo nuovi modelli di sostentamento compatibili con la situazione politica e ambientale attuale.
Perché Matrioska?
Il progetto prende il nome d quella famosa bambolina russa, la matrioska appunto, che simboleggia le infinite potenzialità che ogni elemento dell’universo possiede e il rapporto tra macrocosmo e microcosmo insito in questa bambolina: essa ci insegna, infatti, che più oggetti contemporaneamente possono occupare la medesima porzione di spazio, a dimostrazione che le apparenze ingannano.
Problematiche
Lo scopo è di poter contribuire a soddisfare i diritti fondamentali dell’uomo (come possedere una casa, del cibo) includendo in questi diritti anche quello di poter coltivare e produrre autonomamente, in perfetta sintonia con l’ambiente, ciò di cui una famiglia ha bisogno. Ci proponiamo di creare un modello altamente replicabile in modo che possa essere adattato di volta in volta al luogo, alla cultura e alle risorse ambientali.
Lo scopo principale è di agire soprattutto in quelle aeree del mondo che soffrono maggiormente il problema della desertificazione e della fame, ma che possa servire come esempio anche per paesi industrializzati, definiti “ricchi”.
Il progetto così formulato potrebbe in parte essere una valida soluzione al problema immigrazione, che in europa e in primis in italia sta scatenando diverse polemiche e disagi.
Non di rado si sentono slogan che suggeriscono di aiutare sì gli immigrati, ma nei loro rispettivi paesi (“aiutiamoli a casa loro”). Prendendo in considerazione che il consiglio sembri molto ragionevole, questo comporterebbe un aumento degli aiuti umanitari che a causa di guerre o corrottissimi regimi politici non riescono comunque a garantire la la sopravvivenza di chi poi sceglie di partire per cercare fortuna altrove.
Luogo
Il progetto matrioska si presta per essere realizzato in campi profughi/rifugiati in cui le comunità vivono molto spesso in condizioni non compatibili con quelle che definiamo dignitose per un essere umano. Molto spesso queste comunità offrono ai loro ospiti abitazioni non adatte e nessuna garanzia di autosufficienza per quanto riguarda l’approvvigionamento di acqua e cibo.
In questo modo cerchiamo di garantire ad ogni famiglia una casa a impatto zero e totalmente autosufficiente in termini energetici e anche la possibilità di coltivare ed allevare animale che, oltre a rappresentare un valore a livello alimentare, possono garantire una fonte di energia utilizzabile in sinergia con tutti gli elementi che compongono la struttura realizzata.
Verranno anche delineati tre paesi dell’africa presi come possibili aeree idonee per una futura attuazione del modello-kit in esame: Senegal, Somalia, Sudan.
Le tre componenti del progetto
Le tre principali componendi del progetto stesso:
- abitazione permacultura,
-
allevamento dell’asina da latte,
-
coltivazione del fico d’india.
L’obiettivo
L’obiettivo è quello di creare un modello-kit altamente replicabile per la costruzione di una struttura familiare atta ad ospitare un famiglia di 4 o 5 persone. La suddetta struttura dovrà essere costruita secondo i principi della permacultura e prevedere un aerea adibita alla coltivazione di un alimento altamente adattabile al luogo e con alto valore nutritivo per uomo e animali. Deve prevedere, altresì, la possibilità di allevare uno o più animali che possano fornire alimento fresco e altamente nutritivo e di facile produzione. L’intero pacchetto serve a rendere autosufficiente in termini energetici e alimentari l’intera famiglia/comunità che vi abita, abbattendo nello stesso tempo sprechi energetici e utilizzo di qualsiasi sostanza o strumento che possa nuocere all’ambiente, all’uomo e agli animali.
Non solo Matrioska…
Matrioska e Stufa che cova le uova
La stufa che “cova” le uova ha vinto il Green Innovation Award. In molte famiglie di contadini kenyoti sono stati allestiti dei forni in terra cotta con all’interno delle pietre refrattarie per il risparmio energetico.
Queste stufe permettono di risparmiare più di un terzo della legna delle normali cucine. Inoltre tolgono gran parte del fumo dalle cucine delle povere baracche africane da sempre annerite. Via il fumo e via le conseguenti malattie respiratorie.
L’aver alzato i fuochi dal pavimento, inoltre, salva la schiena a chi cucina in quanto era prima costretto a sollevare pentole da terra; cosa non consigliabile dai fisioterapisti. Altra cosa è sollevarle a 60-70 cm da terra.I forni hanno, a livello pavimento, una cavità, tipica delle stufe a olle costruite nelle nostre alpi. Qui sotto vengono deposte le uova da cova al posto della legna da seccare o delle scarpe da asciugare. Le uova si schiudono ed i piccoli pulcini possono trovare del mangime in un ambiente estremamente pulito, caldo, secco e buio. Senza l’aiuto di un lampada accecante come nelle nostre incubatrici industriali. A mettere le uova sotto la stufa non è stato un centro studi ma un bambino per errore come la maggior parte delle invenzioni: dal forno microonde ai post-it.
Le famiglie che hanno sperimentato la “stufa che cova”hanno avuto un’addizionale di reddito di un quarto di stipendio circa. Un uovo da cova, infatti, costa meno di un euro (0,90 Kshs). Se un contadino acquista un uovo potrà rivendere il pulcino dopo un mese a 2,5 euro. L’utile, tolte le spese di mangime ed ammortamento stufa, è di 1 euro per pulcino. Moltiplichiamo il tutto per 50, tante quante le uova che stanno sotto una stufa domestica, e vedremo che l’utile per il contadino sarà di 50 euro al mese. Non male; in quanto il reddito medio delle famiglie contadine che vivono per lo più di autoproduzione è di 150 euro al mese. E, grazie alla stufa, passerebbero subito a 200 euro al mese.
Matrioska e lampade solari
Se nel nostro Paese il contesto energetico è spesso associato ad un’evoluzione delle fonti primarie o ai rincari sulle bollette, che spingono gli italiani alla continua ricerca della tariffa per l’energia più conveniente, in numerosi villaggi indiani e in molti altri Paesi in via di sviluppo questo tipo di servizio è ancora del tutto assente.
La lotta all’energy divide, in mancanza di adeguati fondi pubblici, passa spesso anche dall’iniziativa del mondo del volontariato e della cooperazione. Il progetto del Barefoot College, nel Rajasthan, si inserisce proprio in questo filone: offrire alle donne la possibilità di diventare “ingegneri”, imparando a costruire lampade a energia solare per le proprie comunità.
Le donne coinvolte hanno un basso grado di istruzione e sono avanti con gli anni. Trasformarle in tecnici è per loro un’occasione di riscatto e insieme una garanzia che lo sforzo fatto attecchirà bene nella comunità, grazie all’ampia autorevolezza di cui godono nei villaggi. Un modello di successo che verrà presto applicato anche in Centro e Sud America, in collaborazione con le Nazioni Unite.
Finora hanno partecipato 150 “nonne-ingegneri”, che sono riuscite a illuminare, in modo autonomo ed ecocompatibile e dopo soltanto sei mesi, quasi 10 mila abitazioni. Ogni donna provvede a fornire le lampade necessarie alla propria famiglia, in modo da renderla autosufficiente e permetterle di sfruttare l’energia prodotta anche per l’attività lavorativa. Sarà al femminile anche la manutenzione delle lampade, aspetto sul quale di sofferma parte del corso erogato.
Il Barefoot College non è nuovo a progetti del genere. È infatti ormai un’istituzione a Tilonia, il villaggio del Rajasthan in cui si è insediato come onlus nel 1972, per volontà di Bunker Roy (fra le cento persone più influenti del 2010 secondo Time, ndr). Il suo principale obiettivo è sempre stato eliminare l’analfabetismo femminile nell’India rurale, c’è da scommettere che adesso questa esperienza poterà i suoi frutti anche in Colombia, Brasile, Perù, Guatemala e Cile. (http://attualita-ed-economia/lampade-energia-solare-la-riscossa-delle-donne-indiane/)
L’idea, dal Brasile alle Filippine. Liter of Light è una Ong filippina che promuove l’illuminazione ecosostenibile in paesi dove manca l’elettricità. Parte dall’idea del meccanico brasiliano Alfredo Moser, che nel 2002 ha inventato un modo per illuminare la sua officina durante il giorno: sfruttare la capacità di rifrazione di una bottiglia di plastica riempita di acqua (con della candeggina che eviti la formazione di alghe o batteri) per generare la luce di una lampadina da 50 watt. L’idea è stata diffusa nelle Filippine dal fondatore diLiter of Light, Illac Diaz, che nel 2013 ha corretto il sistema con pannelli solari e lampadine per fare luce anche di notte. (www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/la-stufa-che-cova-le-uova-vince-il-green-innovation-award/)